Carloforte – 26/10/2018
Continue readingAmianto e risarcimento. Convegno a Ortona.
Ortona – 16/03/2018
Continue readingAmianto e tumori: incontro a Gaeta.
Gaeta – 15/03/2018
Continue readingINAIL. MALATTIE AMIANTO CORRELATE E PRESTAZIONI PER MALATI E SUPERSTITI.
L’Istituto Nazionale Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (www.inail.it) ha pubblicato on line un opuscolo informativo su “Quali sono e come funzionano le prestazioni in favore dei soggetti colpiti da malattie asbesto-correlate e dei loro superstiti”
Ecco un estratto della relazione che potete scaricare qui.
<<Nel marzo 1992, con l’approvazione della legge n. 257, l’Italia è stata uno dei primi Paesi al mondo a vietare l’estrazione, l’importazione, la lavorazione, l’utilizzo, la commercializzazione e l’esportazione dell’amianto e dei prodotti che lo contengono. Sebbene la sua grave nocività per la salute sia accertata da tempo, però, un quarto di secolo dopo la “questione amianto” non può ancora essere considerata chiusa.
Per la sua resistenza al calore e la sua struttura fibrosa, infatti, questo materiale è stato largamente utilizzato per quasi 50 anni per la coibentazione di edifici, tetti e navi, come materiale da costruzione per l’edilizia – sotto forma di composito fibro-cementizio per fabbricare tegole, pavimenti, tubazioni, vernici e canne fumarie – ma anche per produrre indumenti e parti meccaniche. Di conseguenza oggi continua a essere presente in moltissimi edifici, macchinari e manufatti.
A rendere drammaticamente attuale il problema dell’amianto è anche il lungo periodo di latenza delle patologie a esso correlate, ovvero il tempo che intercorre tra la prima esposizione alla sostanza e la manifestazione della malattia, che nel caso del mesotelioma pleurico – uno dei tumori per cui è stata inequivocabilmente dimostrata una stretta correlazione con l’esposizione alle fibre di asbesto – può superare i 40 anni. L’inalazione delle sue sottilissime fibre può inoltre provocare l’asbestosi, una fibrosi polmonare progressiva, il carcinoma polmonare e altre tipologie di mesotelioma.
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, nel mondo le persone ancora esposte all’amianto nei luoghi di lavoro sono circa 125 milioni. Solo in Europa sono 15mila le morti asbesto-correlate che avvengono ogni anno e l’amianto è responsabile di circa la metà di tutti i decessi per cancro sviluppato sul posto di lavoro.
Purtroppo, in alcuni Paesi l’amianto viene ancora utilizzato, soprattutto nei materiali da costruzione e continua a essere prodotto ed esportato. Ma anche nei Paesi – come l’Italia – in cui l’amianto è stato messo al bando, a causa dell’uso massiccio che se ne è fatto in passato e della sua permanenza nell’ambiente, che richiede adeguate procedure di smaltimento, persiste l’esposizione della popolazione.
Al pesantissimo impatto sociale delle patologie asbesto-correlate si somma, inoltre, quello economico. Secondo stime recenti, infatti, nel nostro continente i decessi per mesotelioma costano più di 1,5 miliardi di euro all’anno.>>
"Un posto sicuro", un film racconta la tragedia dell'Eternit di Casale Monferrato
La tragedia dell’Eternit di Casale Monferrato è diventato un film, “Un posto sicuro” di Francesco Ghiaccio, presentato oggi in anteprima nazionale nella città simbolo delle stragi da amianto, quella che ha pagato più di ogni altra in termine di vite umane e malattie. Domani si replica a Torino, dal 3 dicembre la pellicola approderà nelle sale. Alla proiezione casalese c’erano i familiari di alcune delle vittime. Tra questi la casalese Maria Ottone, 81 anni, che, tornata nella sua città da pensionata, ha visto morire, uccisi dal minerale killer, la cognata, il padre ed il fratello. “Abbiamo detto e letto talmente tanto in tutti questi anni – ha affermato la donna – che credo un film non aggiunga molto. E’ però bello, soprattutto nella seconda parte, quando il riscoperto rapporto tra padre e figlio diventa più forte della malattia. Purtroppo con la sentenza della Cassazione, prima della quale avevamo sperato tanto, abbiamo perso ma non molleremo comunque”. Maria Ottone è la miglior amica di Romana Blasotti Pavesi, 86 anni, l’anima dell’Afeva (Associazione familiari e vittime amianto), che non ha potuto partecipare all’anteprima perché malata.
“Un posto sicuro”, del regista Francesco Ghiaccio, ha cominciato le riprese nei giorni successivi la controversa sentenza sulla Eternit e ha come principali interpreti Marco D’Amore, Giorgio Colangeli, Matilde Gioli; è prodotto da Indiana Production, La Piccola Società con Rai Cinema e Sky Cinema e con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte. “Abbiamo cominciato proprio da Romana Blasotti Pavesi – spiega Ghiaccio – Lei che alle lacrime ha sostituito la determinazione per ottenere giustizia. Il film cerca di essere a quest’altezza, questo è quello che abbiamo ‘respirato’ a Casale. Una città che ha sposato pienamente in modo convinto il nostro progetto. Molti si sono identificati nel film perchè lo consideravano un’occasione di riscatto, soprattutto dopo la sentenza della Cassazione. Il nostro è, in particolare, il racconto di una rinascita: un risveglio iniziato più di trent’anni fa, quando i primi operai dissero ‘qua stiamo morendo tutti’. Per quanto difficile, anche per questa ragione è il nostro film di Natale, la più grande soddisfazione della mia vita”.
Fonte : La Repubblica
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Operai morti per l'amianto, condannati gli ex direttori di Fincantieri Palermo
Operai morti per l’amianto, condannati gli ex direttori di Fincantieri Palermo: sono ritenuti responsabili della morte di sette operai deceduti per asbestosi e mesotelioma pleurico in seguito all’inalazione delle fibre di amianto
Il giudice di Palermo Monica Sammartino ha condannato complessivamente a 24 anni e 6 mesi di carcere, per omicidio colposo, gli ex direttori di Fincantieri Palermo Giuseppe Cortesi, Antonio Cipponeri e Luciano Lemetti. Sono responsabili della morte di sette operai deceduti per asbestosi e mesotelioma pleurico in seguito all’inalazione delle fibre di amianto. Nello stabilimento, per anni, secondo l’accusa non sarebbero state adottate le misure di sicurezza minime per evitare il contatto diretto con l’amianto.
I tre imputati, che avrebbero dovuto vigilare sull’osservanza delle cautele imposte dalla legge per chi lavora a contatto con l’amianto, sono stati invece assolti dall’accusa di omicidio colposo relativa ad altri dieci decessi. Per 15 capi di imputazione di omicidio e lesioni colpose è stata invece dichiarata la prescrizione. A Cortesi sono stati inflitti 8 anni e 6 mesi, a Cipponeri 6 anni e 6 mesi e a Lemetti 9 anni e 6 mesi. Il giudice ha riconosciuto il risarcimento del danno, da liquidarsi in sede civile, alle parti civili costituite: i familiari di tre vittime, l’Inail e la Fiom, assistita dall’avvocato Fabio Lanfranca.
Il magistrato ha inoltre attribuito una provvisionale immediatamente esecutiva di 700mila euro all’Inail e somme tra i 120mila e i 65mila euro alle mogli e ai figli delle vittime che si sono costituiti parti civili. Si tratta del secondo processo celebrato a Palermo per l’amianto killer alla Fincantieri. A novembre del 2014 la Corte di Cassazione ha confermato le condanne dei tre dirigenti al primo dibattimento istruito nel capoluogo. Erano imputati della morte di 37 operai, uccisi anche loro dalle polveri di asbesto, e per la malattia sviluppata da altri 24 lavoratori.
Fonte: La Repubblica (Palermo)
AMIANTO: NAVI MILITARI E MERCANTILI IL RISARCIMENTO ARRIVA DAGLI U.S.A.
Augusta – 06/10/2015
Continue readingAMIANTO E MARITTIMI, UNA CONVIVENZA INFINITA
Pozzallo – 17/02/2015
Continue readingInchiesta Olivetti, chiusura indagini per 39 sulle morti per amianto. Si procede per omicidio colposo
Avviso di chiusura indagini per i 39 indagati dell’inchiesta sulle morti per amianto alla Olivetti. La procura di Ivrea sta notificando i provvedimenti. Fra gli indagati ci sono Carlo, Franco e Rodolfo De Benedetti e Corrado Passera. Si procede per omicidio colposo.
Fra i destinatari del provvedimento, firmato dai pubblici ministeri Gabriella Viglione e Lorenzo Boscagli, compaiono anche i nomi di Roberto Colaninno e Camillo Olivetti. I magistrati procedono per lesioni e omicidio colposo in relazione alle malattie, di sospetta origine professionale, che colpirono una quindicina di lavoratori. “E’ stato portato a termine un lavoro complesso e serio, che ha fatto emergere carenze nella prevenzione di questi eventi” ha detto il procuratore capo di Ivrea, Marco Ferrando.
L’avviso di chiusura indagini esplicita che “al momento” la procura “non intende richiedere l’archiviazione”. Carlo De Benedetti è interessato dall’indagine nella sua qualità di amministratore delegato e presidente dell’Olivetti dal 1978 al 1996; il fratello Franco come amministratore delegato dal 1978 al 1989, di vicepresidente dal 1989 al 1992 e di consigliere di amministrazione fino al 1993; il figlio Rodolfo come consigliere di amministrazione dal 1990 al 1997; l’ex ministro Corrado Passera come consigliere di amministrazione dal 1990 al 1996 e amministratore delegato dal 1992 al 1996. Colaninno è stato amministratore delegato a partire dal 1996. Camillo Olivetti è indagato nella veste di amministratore delegato fra il 1963 e il 1964 e di consigliere di amministrazione fino al 1981.
“Carlo De Benedetti ribadisce con forza la propria totale estraneità ai fatti contestati e attende con fiducia le prossime fasi del procedimento”. Lo afferma il portavoce di Carlo De Benedetti, dopo l’avviso di chiusura indagini. “L’Ingegner Carlo De Benedetti – si legge nella nota – ha ricevuto oggi, insieme a numerose altre persone, un avviso di conclusione delle indagini nell’ambito dell’inchiesta della Procura della Repubblica di Ivrea sull’amianto all’Olivetti. Il provvedimento era già stato anticipato nelle scorse settimane da indiscrezioni di stampa”. Carlo De Benedetti, prosegue il suo portavoce, “ribadisce con forza la propria totale estraneità ai fatti contestati e attende con fiducia le prossime fasi del procedimento, nella convinzione che all’esito di questa complessa indagine svolta dai Pubblici Ministeri, una volta al vaglio del Giudice, possano essere chiariti i singoli ruoli e le specifiche funzioni svolte all’interno del articolato assetto aziendale della Olivetti”. “Nel ribadire la propria vicinanza alle famiglie degli operai coinvolti, l’Ingegner De Benedetti – conclude il comunicato – ricorda ancora una volta che, nel periodo della sua permanenza in azienda, l’Olivetti ha sempre prestato attenzione alla salute e alla sicurezza dei lavoratori, con misure adeguate alle normative e alle conoscenze scientifiche dell’epoca”.
Fonte : http://www.huffingtonpost.it/2014/09/25/processo-olivetti-chiusura-indagini_n_5880856.html
Morti d'amianto all'Ilva, 27 condanne. "Fibre killer ancora nello stabilimento"
Morti d’amianto all’Ilva, 27 condanne. “Fibre killer ancora nello stabilimento”. Riva: “Lunedì diremo cosa sarà della fabbrica”
Pene per 189 anni ai vertici dell’allora Italsider e quelli che sono venuti dopo. “Sul futuro dello stabilimento decide il gruppo non la famiglia”, dice il figlio del patron scomparso al termine dell’incontro sul piano industriale. Landini: “Tempo scaduto, lo Stato valuti l’esproprio”
Lunedì si conoscerà il futuro dell’Ilva, dopo l’incontro di Milano tra il commissario Bondi e la famiglia Riva. Ma oggi a Taranto il tribunale ha condannato 27 ex dirigenti dell’Ilva (una assoluzione) per le morti causate dall’amianto e dalle altre sostanze cancerogene provenienti dallo stabilimento siderurgico. Le pene più alte sono state inflitte agli ex manager della vecchia Italsider pubblica alla quale subentrò il gruppo Riva. Tra questi, Giovanbattista Spallanzani, condannato a 9 anni.
Il giudice della II sezione penale del tribunale di Taranto Simone Orazio ha condannato in primo grado a complessivi 189 anni di carcere gli imputati per disastro ambientale ed omicidio colposo. Le condanne vanno dai 4 ai 9 anni e mezzo, e hanno colpito gli ex manager e i direttori generali dello stabilimento siderurgico sia dell’era di gestione pubblica sia di quella privata (il gruppo riva acquistò l’acciaieria dallo Stato nel 1995). La pena più alta, 9 anni e mezzo, è andata al manager dell’era pubblica Sergio Noce, 9 anni al suo collega Spallanzani e 9 anni e 2 mesi ad Attilio Angelini, accusati di disastro ambientale e ventuno omicidi colposi, per la morte per mesiotelioma di operai venuti in contatto con fibre di amianto. Ad otto anni e mezzo sono stati condannati Pietro Nardi e Giorgio Zappa, ex dg di Finmeccanica. Fra gli imputati c’era anche il patron Emilio, morto il 30 aprile scorso, suo figlio Fabio Riva e l’ex direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso, entrambi condannati a sei anni di reclusione (e indagati nel procedimento per disastro ambientale in corso).
Secondo l’accusa l’amianto fu usato in maniera massiccia nello stabilimento siderurgico di Taranto, il più grande d’Europa, ed è ancora oggi la sostanza killer presente in alcuni impianti Ilva. Nel corso degli anni gli operai non furono formati ed informati sui rischi dell’amianto, non ricevettero sufficienti visite mediche e tutele per la loro salute entrando in contatto con la pericolosa sostanza che in molti caso ha causato malattie e morte. Il giudice ha stabilito una provvisionale nei confronti dell’Inail di circa 3,5 milioni di euro. “Un atto d’accusa durissimo anche per la politica – è il commento del leader dei Verdi, Angelo Bonelli – per una classe politica omissiva e silente”.
La notizia arriva poco dopo il termine dell’incontro milanese nella sede del siderurgico. “Senza un futuro per l’Ilva penso ci sia poco futuro per l’Italia nella siderurgia”. Lo dice Claudio Riva, uno dei figli di Emilio Riva il ‘re dell’acciaio’ scomparso di recente. Sul tavolo, il piano industriale e ambientale dello stabilimento. “Lunedì prossimo faremo avere al commissario la nostra posizione – ha detto – sicuramente è molto complicato”. Riva ha definito la riunione, “interessante e civile”. Ma non nasconde le difficoltà. Con il commissario “ci siamo scambiati le reciproche informazioni” ha aggiunto Riva lasciando la sede milanese dell’azienda insieme al cugino Cesare e a una delegazione di legali e consulenti (poco dopo è stato visto uscire anche l’avvocato Giuseppe Lombardi, che nella vicenda segue il commissario Bondi). “La famiglia è molto unita, ci vogliamo molto bene – ha aggiunto – ma il gruppo Riva è un gruppo industriale e di questa vicenda se ne occupa il gruppo e non la famiglia”.
La situazione non è facile. E’ “drammatica” e “il tempo è scaduto”. Il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, chiede al governo “di discutere nei prossimi giorni cosa succede nello stabilimento” e di prendere in considerazione l’ipotesi di “forme di esproprio”. “Non è una posizione ideologica a favore di un ritorno alla proprietà pubblica – ha precisato Landini, aprendo i lavori dell’assemblea nazionale Rsu Fim, Fiom, Uilm sulla siderurgia – ma possiamo pensare ad un intervento diretto, anche transitorio, dello Stato”.
Dopo quelle dei giorni scorsi sollevate dal governatore Nichi Vendola che ha scritto al premier Matteo Renzi, inoltre, una nuova polemica oggi investe il commissario Bondi. Duro il direttore dell’agenzia regionale per l’Ambiente della Regione: “Il commissario mente sui dati dell’Arpa, non abbiamo mai sostenuto che non ci sia un legame tra inquinamento e morti come invece sostiene in una sua relazione”. Sotto accusa le parole del commissario che nei giorni scorsi, all’interno di un suo documento aveva negato sia la presenza di veleni a Taranto sia l’esistenza di un nesso causale fra l’inquinamento e l’incidenza dei tumori nello stabilimento.
Assennato in una nota definisce “destituita di fondamento l’affermazione contenuta nel rapporto del dottor Bondi secondo cui Arpa avrebbe escluso ogni nesso causale tra esposizione lavorativa e incidenza di tumori nei lavoratori del reparto officina/carpeteria dell’Ilva. Ciò sia perché Arpa non ha alcuna competenza in merito e non ha avuto comunque richieste specifiche di supporto sul problema, sia perché comunque il monitoraggio ambientale effettuato non può considerarsi adeguato ed esaustivo rispetto al problema”. Secondo Assennato, in effetti, rispetto all’incidenza dei tumori sarebbe necessario uno studio epidemiologico rigoroso della durata di almeno un anno e, pertanto, si spinge a ribadire che “le conclusioni del commissario Bondi che escludono il nesso causale tra esposizione dei lavoratori e incidenza di tumori, essendo basate su evidenze non documentate, devono essere considerate puramente autoreferenziali”.
Fonte: La repubblica