Inchiesta Olivetti, chiusura indagini per 39 sulle morti per amianto. Si procede per omicidio colposo

Avviso di chiusura indagini per i 39 indagati dell’inchiesta sulle morti per amianto alla Olivetti. La procura di Ivrea sta notificando i provvedimenti. Fra gli indagati ci sono Carlo, Franco e Rodolfo De Benedetti e Corrado Passera. Si procede per omicidio colposo.

Fra i destinatari del provvedimento, firmato dai pubblici ministeri Gabriella Viglione e Lorenzo Boscagli, compaiono anche i nomi di Roberto Colaninno e Camillo Olivetti. I magistrati procedono per lesioni e omicidio colposo in relazione alle malattie, di sospetta origine professionale, che colpirono una quindicina di lavoratori. “E’ stato portato a termine un lavoro complesso e serio, che ha fatto emergere carenze nella prevenzione di questi eventi” ha detto il procuratore capo di Ivrea, Marco Ferrando.

L’avviso di chiusura indagini esplicita che “al momento” la procura “non intende richiedere l’archiviazione”. Carlo De Benedetti è interessato dall’indagine nella sua qualità di amministratore delegato e presidente dell’Olivetti dal 1978 al 1996; il fratello Franco come amministratore delegato dal 1978 al 1989, di vicepresidente dal 1989 al 1992 e di consigliere di amministrazione fino al 1993; il figlio Rodolfo come consigliere di amministrazione dal 1990 al 1997; l’ex ministro Corrado Passera come consigliere di amministrazione dal 1990 al 1996 e amministratore delegato dal 1992 al 1996. Colaninno è stato amministratore delegato a partire dal 1996. Camillo Olivetti è indagato nella veste di amministratore delegato fra il 1963 e il 1964 e di consigliere di amministrazione fino al 1981.

“Carlo De Benedetti ribadisce con forza la propria totale estraneità ai fatti contestati e attende con fiducia le prossime fasi del procedimento”. Lo afferma il portavoce di Carlo De Benedetti, dopo l’avviso di chiusura indagini. “L’Ingegner Carlo De Benedetti – si legge nella nota – ha ricevuto oggi, insieme a numerose altre persone, un avviso di conclusione delle indagini nell’ambito dell’inchiesta della Procura della Repubblica di Ivrea sull’amianto all’Olivetti. Il provvedimento era già stato anticipato nelle scorse settimane da indiscrezioni di stampa”. Carlo De Benedetti, prosegue il suo portavoce, “ribadisce con forza la propria totale estraneità ai fatti contestati e attende con fiducia le prossime fasi del procedimento, nella convinzione che all’esito di questa complessa indagine svolta dai Pubblici Ministeri, una volta al vaglio del Giudice, possano essere chiariti i singoli ruoli e le specifiche funzioni svolte all’interno del articolato assetto aziendale della Olivetti”. “Nel ribadire la propria vicinanza alle famiglie degli operai coinvolti, l’Ingegner De Benedetti – conclude il comunicato – ricorda ancora una volta che, nel periodo della sua permanenza in azienda, l’Olivetti ha sempre prestato attenzione alla salute e alla sicurezza dei lavoratori, con misure adeguate alle normative e alle conoscenze scientifiche dell’epoca”.

 
Fontehttp://www.huffingtonpost.it/2014/09/25/processo-olivetti-chiusura-indagini_n_5880856.html

Morti d'amianto all'Ilva, 27 condanne. "Fibre killer ancora nello stabilimento"

Morti d’amianto all’Ilva, 27 condanne. “Fibre killer ancora nello stabilimento”. Riva: “Lunedì diremo cosa sarà della fabbrica”

Pene per 189 anni ai vertici dell’allora Italsider e quelli che sono venuti dopo. “Sul futuro dello stabilimento decide il gruppo non la famiglia”, dice il figlio del patron scomparso al termine dell’incontro sul piano industriale. Landini: “Tempo scaduto, lo Stato valuti l’esproprio”

Lunedì si conoscerà il futuro dell’Ilva, dopo l’incontro di Milano tra il commissario Bondi e la famiglia Riva. Ma oggi a Taranto il tribunale ha condannato 27 ex dirigenti dell’Ilva (una assoluzione) per le morti causate dall’amianto e dalle altre sostanze cancerogene provenienti dallo stabilimento siderurgico. Le pene più alte sono state inflitte agli ex manager della vecchia Italsider pubblica alla quale subentrò il gruppo Riva. Tra questi, Giovanbattista Spallanzani, condannato a 9 anni.

Il giudice della II sezione penale del tribunale di Taranto Simone Orazio ha condannato in primo grado a complessivi 189 anni di carcere gli  imputati per disastro ambientale ed omicidio colposo. Le condanne vanno dai 4 ai 9 anni e mezzo, e hanno colpito gli ex manager e i direttori generali dello stabilimento siderurgico sia dell’era di gestione pubblica sia di quella privata (il gruppo riva acquistò l’acciaieria dallo Stato nel 1995). La pena più alta, 9 anni e mezzo, è andata al manager dell’era pubblica Sergio Noce, 9 anni al suo collega Spallanzani e 9 anni e 2 mesi ad Attilio Angelini, accusati di disastro ambientale e ventuno omicidi colposi, per la morte per mesiotelioma di operai venuti in contatto con fibre di amianto. Ad otto anni e mezzo sono stati condannati Pietro Nardi e Giorgio Zappa, ex dg di Finmeccanica. Fra gli imputati c’era anche il patron Emilio, morto il 30 aprile scorso, suo figlio Fabio Riva e l’ex direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso, entrambi condannati a sei anni di reclusione (e indagati nel procedimento per disastro ambientale in corso).

Secondo l’accusa l’amianto fu usato in maniera massiccia nello stabilimento siderurgico di Taranto, il più grande d’Europa, ed è ancora oggi la sostanza killer presente in alcuni impianti Ilva. Nel corso degli anni gli operai non furono formati ed informati sui rischi dell’amianto, non ricevettero sufficienti visite mediche e tutele per la loro salute entrando in contatto con la pericolosa sostanza che in molti caso ha causato malattie e morte. Il giudice ha stabilito una provvisionale nei confronti dell’Inail di circa 3,5 milioni di euro. “Un atto d’accusa durissimo anche per la politica – è il commento del leader dei Verdi, Angelo Bonelli – per una classe politica omissiva e silente”.

La notizia arriva poco dopo il termine dell’incontro milanese nella sede del siderurgico. “Senza un futuro per l’Ilva penso ci sia poco futuro per l’Italia nella siderurgia”. Lo dice Claudio Riva, uno dei figli di Emilio Riva il ‘re dell’acciaio’ scomparso di recente. Sul tavolo, il piano industriale e ambientale dello stabilimento. “Lunedì prossimo faremo avere al commissario la nostra posizione – ha detto – sicuramente è molto complicato”. Riva ha definito la riunione, “interessante e civile”. Ma non nasconde le difficoltà. Con il commissario “ci siamo scambiati le reciproche informazioni” ha aggiunto Riva lasciando la sede milanese dell’azienda insieme al cugino Cesare e a una delegazione di legali e consulenti (poco dopo è stato visto uscire anche l’avvocato Giuseppe Lombardi, che nella vicenda segue il commissario Bondi). “La famiglia è molto unita, ci vogliamo molto bene – ha aggiunto – ma il gruppo Riva è un gruppo industriale e di questa vicenda se ne occupa il gruppo e non la famiglia”.

La situazione non è facile. E’ “drammatica” e “il tempo è scaduto”. Il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, chiede al governo “di discutere nei prossimi giorni cosa succede nello stabilimento” e di prendere in considerazione l’ipotesi di “forme di esproprio”. “Non è una posizione ideologica a favore di un ritorno alla proprietà pubblica – ha precisato Landini, aprendo i lavori dell’assemblea nazionale Rsu Fim, Fiom, Uilm sulla siderurgia – ma possiamo pensare ad un intervento diretto, anche transitorio, dello Stato”.

Dopo quelle dei giorni scorsi sollevate dal governatore Nichi Vendola che ha scritto al premier Matteo Renzi, inoltre, una nuova polemica oggi investe il commissario Bondi. Duro il direttore dell’agenzia regionale per l’Ambiente della Regione: “Il commissario mente sui dati dell’Arpa, non abbiamo mai sostenuto che non ci sia un legame tra inquinamento e morti come invece sostiene in una sua relazione”. Sotto accusa le parole del commissario che nei giorni scorsi, all’interno di un suo documento aveva negato sia la presenza di veleni a Taranto sia l’esistenza di un nesso causale fra l’inquinamento e l’incidenza dei tumori nello stabilimento.
Assennato in una nota definisce “destituita di fondamento l’affermazione contenuta nel rapporto del dottor Bondi secondo cui Arpa avrebbe escluso ogni nesso causale tra esposizione lavorativa e incidenza di tumori nei lavoratori del reparto officina/carpeteria dell’Ilva. Ciò sia perché Arpa non ha alcuna competenza in merito e non ha avuto comunque richieste specifiche di supporto sul problema, sia perché comunque il monitoraggio ambientale effettuato non può considerarsi adeguato ed esaustivo rispetto al problema”. Secondo Assennato, in effetti, rispetto all’incidenza dei tumori sarebbe necessario uno studio epidemiologico rigoroso della durata di almeno un anno e, pertanto, si spinge a ribadire che “le conclusioni del commissario Bondi che escludono  il nesso causale tra esposizione dei lavoratori e incidenza di tumori, essendo basate su evidenze non documentate, devono essere considerate  puramente autoreferenziali”.

Fonte: La repubblica

APINonlus su Instagram. Segnala con una foto le strutture in amianto ancora esistenti.

Si comunica a tutti gli iscritti/utenti che possiedono un account instagram che da oggi l’associazione “Apin asbesto personal injury network” è anche su instagram.
Con l’utilizzo di questo Social network, l’associazione insieme agli utenti possono creare una banca dati di tutte le strutture in amianto esistenti in giro per il mondo sia grandi che piccole ed ancora non bonificate basterà fare la foto e postare con l’ hashtag la parola #apinonlus con l’indicazione, nei commenti, della data del ora e del luogo dove si trova la struttura.
Siamo sicuri che condividere parte del proprio tempo come potrebbe essere fare una foto per uno scopo sociale, sia la strada giusta da percorrere per consegnare ai nostri figli un mondo libero da amianto.

https://instagram.com/apinonlus/Watch movie online Get Out (2017)

Amianto :aspetti medico legali, risarcimento in Italia e negli USA. Monfalcone 2014. Servizio TGR

«Amianto: aspetti medico legali, risarcimento in Italia e negli Usa» è il titolo dell’iniziativa tenutasi  l’8 febbraio nella sala conferenze della biblioteca Comunale di via Ceriani, organizzato da Apin (Asbestos personal injury network) con il patrocinio del Comune di Monfalcone.
Il convegno ha visto il saluto del sindaco, Silvia Altran, a cui sono seguiti gli interventi. I relatori sono stati il presidente di Apin Onlus, Nicola Carabellese, il responsabile del dipartimento di prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro dell’Azienda sanitaria Triestina, Valentino Patussi, che ha trattato de “Le patologie asbesto-correlate e l’esperienza dell’Ass 1 Triestina”, il giornalista del Piccolo Roberto Covaz,che ha affrontato invece il tema “L’esperienza dell’amianto e le sue dannose conseguenze”, e l’avvocato Pierpaolo Petruzzelli che si è soffermato sulla “Tutela civilistica del danneggiato negli Stati Uniti d’America e in Italia”.
A chiudere l’elenco dei relatori  Caterina Ajello, procuratore capo del Tribunale di Gorizia dove si è da poco concluso il primo maxi processo sulle morti d’amianto con la condanna degli imputati, cioè i dirigenti che si sono succeduti negli anni ai vertici del cantiere di Panzano, e Raffaele Guariniello, procuratore aggiunto presso la Procura di Torino, che ha istruito il processo contro i vertici dell’azienda Eternit per i morti di Casale Monferrato. Entrambi i magistrati hanno discusso de  “La configurazione dell’illecito penale”. A moderare i lavori  Guendalina Longo dell’Apin.

Lo smog uccide come l'amianto

Secondo lo IARC l’aria inquinata delle nostre città è “Sicuramente cancerogeno”. L’avvocato Petruzzelli: “I sindaci stiano attenti”

Che lo smog fosse pericoloso si sapeva già. che lo Oms lo avesse additato tra i fattori di rischio per la salute, è risaputo. Ma da ieri il concentrato di scarichi auto, industrie, discariche, insomma ciò che costituisce l’aria delle nostre città, è entrato nel poco lusinghiero olimpo delle sostanze cancerogene. Lo ha deliberato la Iarc, l’agenzia dell’Oms che si occupa di ricerca in ambito oncologico, che ha inserito l’inquinamento dell’aria nel gruppo numero 1, quello con le sostanze “sicuramente cancerogene”.

L’inquinamento dell’aria legato allo smog da traffico e ai fumi industriali è una causa di tumore ai polmoni ed è stato collegato al tumore della vescica. Il verdetto dello Iarc, organismo solitamente molto cauto, sta facendo il giro del mondo e la speranza – anche degli autori – è che favorisca l’adozione di politiche mirate. «L’aria che respiriamo è inquinata da una miscela di sostanze cancerogene – sottolinea Kurt Straif, capo della sezione Monografie Iarc, illustrando i risultati – Ora sappiamo che l’inquinamento dell’aria non rappresenta solo un rischio importante per la salute generale, ma è anche una causa principale di morte per cancro».

I dati più recenti suggeriscono che 233 mila morti per tumore ai polmoni siano state causate dall’inquinamento dell’aria nel mondo, solo nel 2010. La monografia Iarc evidenzia come i fumi dei motori diesel, i solventi, i metalli e le polveri che “affumicano” l’aria che respiriamo siano stati etichettati tutti come cancerogeni, ma questa è la prima volta che l’inquinamento dell’aria finisce nella lista nera.

Il Codacons sta per depositare al Tar Lazio un’azione collettiva di 1.400 residenti dei 50 comuni più inquinati d’Italia, per chiedere alle rispettive amministrazioni un indennizzo di 2.000 euro ciascuno per essere stati costretti a respirare aria malsana.

Ora che lo smog è fattore «certamente cancerogeno» secondo lo Iarc, è possibile sarà possibile citare per danni le amministrazioni? «Sì, in effetti adesso cambia lo scenario – ci risponde Pierpaolo Petruzzelli, avvocato specializzato in tematiche ambientali, amianto in primis – perchè al pari delle malattie contratte lavorando si potrà imputare ad esempio un tumore ai polmoni anche a chi è responsabile della salubrità dell’ambiente».
I sindaci, ad esempio?
Sì. Ora andrà identificata la dose minima di esposizione, individuato il limite, non è così immediato ma nelle città dove si sforano i limiti, e questo è certificato, ecco, lì potrà sorgere un profilo di responsabilità soggettiva. A questo punto serve una legge che disciplini la materia al fine anche di individuare i responsabili.
Avvocato, secondo lo Iarc lo smog fa insorgere prevalentemente tumori ai polmoni e alla vescica. Non potrebbe essere utilizzata questa argomentazione dagli avvocati di industriali e “inquinatori” per scrollarsi di dosso le resposabilità?
Beh, oramai la scienza medica sa dirci se un tumore ai polmoni è imputabile a una raffineria o allo smog.

 (Stefania Divertito)

Sentenza post mortem per esposti all’amianto

Sentenza post mortem per esposti all’amianto
di Giuseppe Armenise

Vite rovinate da una malattia professionale con tasso di invalidità il cui riconoscimento, però, arriva dopo anni e solo per via giudiziaria, in alcuni casi addirittura dopo la morte del lavoratore. Accade in Italia, accade per colpa dell’amianto. Al momento si registrano sei i casi, verosimilmente solo i primi sei di una lunga serie, tutti sciolti dal giudice del lavoro dei tribunale di Bari, Daniele Colucci, che ha condannato l’Inail a riconoscere in alcuni casi, a rivedere al rialzo in altri, la rendita per malattie da lavoro ad altrettanti marittimi (cinque di Monopoli e uno di Mola) imbarcati per anni su navi mercantili o su petroliere. Amianto a piene mani soprattutto nei vani caldaia e motore. Amianto in corde, prevalentemente, attorcigliate intorno alle condutture bollenti per svolgere la loro funzione di impareggiabili isolanti.

Le sentenze baresi sono state emanate a beneficio rispettivamente di due ex marittimi che, dopo aver invano tentato di farsi riconoscere i diritti delle leggi sull’esposizione all’amianto, si sono ammalati di asbestosi, di altri due che invece hanno contratto tumori polmonari con annesse placche pleuriche (chiaro sintomo quando si tratta di patologie provocate dalle sottilissime fibre di amianto) e infine dei due più sfortunati, che hanno contratto egualmente patologie cancerogene a livello polmonare e a causa di queste sono morti. In quest’ultima caso, le rendite dovute sono state riconosciute alle consorti.

Le sentenze sono importanti non soltanto perché coronano la battaglia di persone che si sono dovute scontrare anche per decenni contro il muro eretto da quelle istituzioni intenzionate a disconoscere il loro diritto a vedersi risarciti, ma anche perché segnano l’avvento di una nuova, tristissima stagione. Per molti, soprattutto nel settore marinaro, la vicinanza con l’amianto è stata una sorta di tabù. Non se ne poteva parlare e quando se ne parlava si veniva tacciati di dire il falso. Ancora recentemente, nonostante l’amianto sia stato messo al bando anche in Italia nel 1992, continuavano a solcare i mari motovedette o altre navi militari, retaggio del piano Marshall quando, nel secondo dopoguerra, gli scafi intrisi di materiale pericoloso per la salute ci furono donati dagli statunitensi ed entrano a far parte della nostra flotta.

I lavoratori esposti sulle navi sono stati trattati, per certi versi, come malati di serie B. Gli armatori non sono mai stati tenuti, come invece gli imprenditori di altri settori, a versare all’Inail il premio per l’esposizione dei lavoratori a materiali contenenti amianto. Il risultato è che, per gli organismi previdenziali e per gli enti assicurativi contro gli infortuni sul lavoro, di fatto i lavoratori imbarcati hanno cominciato ad esistere solo dopo decenni dal momento in cui hanno preso coscienza dei rischi che correvano. Che fossero lavoratori a rischio ci si è accorti solo quando si sono ammalati e ammalati in maniera grave e comunque solo grazie all’intervento di un giudice. Nessuno ha potuto ottenere, in via cautelativa, di essere destinato ad altra mansione, così come accaduto per altre categorie professionali, lontana dalla fonte di contaminazione.

A rappresentare i lavoratori e le loro famiglie, l’avvocato Pierpaolo Petruzzelli, riferimento in Italia per una serie di procedimenti risarcitori avviati (e vinti) da altri marinai imbarcati proprio su quelle navi «donate» dagli Usa all’Italia dopo la seconda guerra mondiale. Petruzzelli è referente in Italia dell’Asbestos personal injury network che il 16 novembre, a Napoli, terrà un incontro sugli aspetti medico-legali nel rapporto tra giustizia e salute in caso di malattie provocate dall’esposizione all’amianto.

Fonte:
http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/notizia.php?IDNotizia=567686&IDCategoria=1